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Disturbi psicologici e psicoterapia psicoanalitica

Anoressia: malattia dell’amore

In che senso l’anoressia è una malattia dell’amore?

L’anoressia, in alcune forme non gravi, non è soltanto un disturbo dell’appetito quanto invece una malattia dell’amore, una malattia del desiderio amoroso. L’anoressia è una patologia che può manifestarsi sia nei maschi che nelle femmine. In questo articolo tuttavia ci soffermeremo a riflettere su quelle forme, tendenzialmente non gravi, di anoressia femminile, che hanno alla base una ferita nelle relazioni d’amore. È bene precisare che il meccanismo illustrato in questo articolo non è il solo alla base dell’insorgenza dell’anoressia. 

Questo legame tra anoressia e amore è stato colto bene già dallo psicoanalista infantile Donald Winnicott. Winnicott intuì infatti che la presenza nei bambini di disturbi dell’appetito va ricondotta ad un dubbio del bambino nei confronti dell’amore dei genitori. Il bambino teme di non essere amato da loro.

L’anoressica dice di no al cibo perché non si accontenta che le venga dato solamente l’oggetto materiale. Non si accontenta che le venga dato il gioco, il vestito, il cibo. La sua domanda non è domanda di un oggetto. Ciò che invece l’anoressica domanda è che l’altro mostri il suo amore per lei.

L’anoressica si mette, con la magrezza estrema, a rischio di morte, per verificare cosa accade all’altro se la vede in pericolo di vita. L’anoressica vuole capire se l’altro può perderla, se può vivere senza di lei. La domanda che sembra porre all’altro, facendo parlare però il suo stesso corpo, è: “Tu mi puoi perdere? La tua vita avrebbe un senso senza la mia?”. 

Come ha affermato lo psicoanalista Jacques Lacan, l’anoressica sceglie di “mangiare il niente”. Il niente, infatti, mostra che una totalità di cose, una montagna di regali, non fanno l’amore.

Ci sono dei fattori scatenanti nell’anoressia?

Spesso l’anoressia inizia durante adolescenza in relazione ad un rapporto d’amore doloroso, travagliato, violento, oppure quando il rapporto d’amore si chiude. L’anoressia infatti non di rado è scatenata dalla perdita di un oggetto d’amore significativo. 

Il soggetto anoressico spesso si è trovato a vivere una cattiva iniziazione al rapporto amoroso, a volte anche traumatica. Si è prodotta in lui una ferita. La risposta del soggetto a questa ferita diventa quella di usare il proprio corpo come diga, come barriera, come scudo, come difesa. Ciò da cui il soggetto si difende è proprio la possibilità rischiosa dell’incontro d’amore. 

Il rifiuto del cibo è il simbolo, e il sintomo, del rifiuto del mondo esterno. Il rifiuto del cibo è la manifestazione del concentrarsi solo su di sé. Allo stesso tempo il rifiuto del cibo è una richiesta di aiuto, una richiesta d’amore, un appello rivolto all’altro. 

Del resto il ridurre il corpo a una magrezza estrema è anche un chiaro segno di rifiuto dell’identità sessuale. L’anoressica, con la magrezza, perde le forme femminili. Così facendo essa mostra una perdita dell’interesse per il sesso.

Come lavora lo psicoterapeuta quando ha di fronte a sé un soggetto anoressico?

Nel trattamento psicoterapeutico delle anoressie che si strutturano a partire dai meccanismi sopra esposti, che sono tendenzialmente forme non gravissime di anoressia, è fondamentale non incalzare direttamente il sintomo, ovvero la magrezza e il rifiuto del cibo, ad esempio invitando l’anoressica a mangiare. Il terapeuta dovrà lavorare invece perché rinasca il desiderio di amare. 

Del resto, tipicamente, quando il soggetto anoressico inizia a disertare la tavola imbandita, allontana anche i legami. 

Allontana i genitori prima di tutto, ma allontana anche gli amici, allontana gli interessi e le passioni. Quando, grazie alla terapia, il desiderio per la vita e per l’amore torneranno, anche l’appetito ritroverà il suo ritmo. 

Nella cura del soggetto anoressico il terapeuta potrà frequentemente constatare che un segno importante di avvio verso la guarigione è proprio il riattivarsi di un interesse amoroso e sessuale verso il mondo delle relazioni affettive. 

Certo, è anche vero che esistono purtroppo casi gravissimi di anoressia per i quali si rende perfino necessario un ricovero in comunità specializzate, dove il percorso psicoterapeutico potrà essere affiancato da altre forme di trattamento.

Per un approfondimento dei temi di questo articolo si veda:

  • Lacan J., Seminario. Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi (1964). Einaudi 1979;
  • Winnicott D. W., “Appetito e disturbo emozionale”. Tr. it. in Dalla pediatria alla psicoanalisi. Martinelli 1975, p. 51.
  • Di Massimo Recalcati si veda anche: L’ultima cena: anoressia e bulimia, Bruno Mondadori 1997; Il corpo ostaggio: Clinica e teoria dell’anoressia-bulimia. Borla 1998; Clinica del vuoto: anoressie, dipendenze e psicosi. Franco Angeli 2002; L’uomo senza incoscio. Figure della nuova clinica psicoanalitica. Cortina 2010.