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Arte, letteratura e psicoanalisi

Chi l’avrebbe mai detto? Cappuccetto Rosso e il lupo incontrano la psicoanalisi

“C’è un significato più profondo nelle fiabe che mi furono narrate nella mia infanzia che nella verità qual è insegnata nella vita”

Schiller , I piccolomini, III, 4

Quando bambini chiedevate a mamma e papà esausti di raccontarvi per l’ennesima volta la fiaba di Cappuccetto Rosso avreste mai immaginato che dietro al lupo cattivo si nascondesse un pericoloso seduttore di ragazzine ignare? Ebbene sì. Le fiabe non sono quello che appaiono a prima vista e uno sguardo ingenuo può non coglierne il significato più profondo.

La storia letteraria della fiaba di Cappuccetto Rosso inizia con Perrault. Nella sua versione della fiaba il significato metaforico sessuale è fin troppo esplicito, è evidente che il suo lupo non è una belva rapace ma una metafora. In questa versione il lupo non indossa gli abiti della nonna ma si limita a distendersi nel letto e, quando Cappuccetto arriva, la invita a entrare nel letto con lui. Il valore della fiaba è distrutto: o Cappuccetto è proprio stupida oppure vuole essere sedotta. Cappuccetto finisce mangiata dal lupo insieme alla nonna, senza alcun lieto fine. Al termine del racconto, Perrault fornisce una spiegazione esplicita della morale: i bambini, e specialmente le giovanette carine, fanno molto male a dare ascolto alle sconosciute. Guai a chi non sa che questi lupi gentili sono, fra le creature, le piu’ pericolose!

La versione dei Fratelli Grimm è molto meno esplicita e per questo più interessante. Cappuccetto è visibilmente attratta dal lupo, benché ne sia al contempo spaventata. L’ambivalenza è palese. Una celebre illustrazione di Gustave Dorè esprime bene questo sentimento contraddittorio, attrazione e repulsione. 

La bambina è esposta, troppo precocemente, al pericolo della seduzione, anche a causa del bel cappuccetto rosso che la nonna le ha confezionato. Il mondo al di là della casa e del dovere diventa troppo seducente inducendo la bambina a tornare ad agire secondo il principio di piacere: “Guarda come sono belli i fiori intorno a te. Perché non ti guardi attorno?”. D ‘altra parte, come negarlo, il lupo cattivo non avrebbe nessun potere su di noi se non ci fosse qualcosa in noi che ne è attratto! E perché mai a Cappuccetto dovrebbe capitare l’infausta sorte di scomparire nelle fauci del lupo? E’ chiaro, è la sua meritata punizione per avere fatto in modo che la nonna venisse eliminata. Cappuccetto non risparmia certo i particolari per indicare nel miglior modo al lupo come raggiungere la casa della nonna. Si mette proprio d’impegno per farcelo arrivare… Forse vuole sbarazzarsi della nonna, concorrente femminile ben piu’ esperta di lei? Forse vuole tradirla?[1]

Arriva poi il salvatore, il cacciatore, alter ego del padre, la parte buona del maschio. Il cacciatore non uccide il lupo, si trattiene, non cede alla collera nei confronti del seduttore. L’Es viene dominato dal Super-io, l’impulso viene frenato.

E indovinate un po’? Cappuccetto Rosso corre a prendere delle pietre e con esse riempie la pancia del lupo. Eroina, impara ad eliminare il seduttore, si libera di lui con le sue stesse candide manine.

La storia non finisce qui. Cappuccetto torna una seconda volta a far visita alla nonnina malata e, una seconda volta, incontra il perfido lupo. Ma questa volta non si fa certo fregare! Corre a dirlo alla nonna e le due, in un tripudio di soddisfazione, archietettano un imbroglio degno di Arlecchino: chiudono saldamente la porta e il lupo scivola giù dal tetto, dritto dritto in un mastello colmo d’acqua nel quale annega.

Per approfondire:

Bettelheim B., Il mondo incantato, uso, importanza e significati psicanalitici delle fiabe, Feltrinelli 2000.

Munari B., Agostinelli M. E., Cappuccetto Rosso, Verde, Giallo, Blu e Bianco, Einaudi Ragazzi 1993.

Petrosino S., Le fiabe non raccontano favole. Credere nell’esperienza, Il melangolo 2013.

Vegetti Finzi S., Storia della psicoanalisi, Mondadori 1990.

[1] Verso il terzo anno di eta’ sorge una richiesta pulsionale genitale che reclama il suo oggetto. Il bambino e la bambina non possono che riconoscerlo nella persona più vicina, la madre. Il padre è vissuto come l’ostacolo e rappresenta il divieto dell’incesto. Freud riprende lo schema drammatizzato nell’Edipo di Sofocle che mette in scena, congiuntamente, l’esaudimento del desiderio (sposare la madre e uccidere il padre) con la sua interdizione (la cecità e la morte).

Ciò che nella tragedia di Edipo è rappresentato come tentativo di uccisione da parte del padre (l’abbandono del neonato) viene vissuto nell’esperienza di ogni bambino nella forma della paura della castrazione, angoscia che è tale da sospingerlo ad abbandonare l’impari contesa col padre. Tutta questa vicenda termina con la rimozione.

Gli investimenti oggettuali, abbandonati, vengono sostituiti dalle identificazioni: il bambino si identifica con l’aggressore, cioe’ lo introietta, lo assimila. L’autorità paterna e parentale, fatta propria, costituisce il nucleo del Super-Io, che è dunque l’erede del conflitto edipico.

Ma il superamento del Complesso Edipico è determinato anche da un fattore positivo, la tacita promessa che, a tempo debito, il bambino otterra’, in cambio del proprio sacrificio pulsionale, di prendere il posto del padre.

Il tramonto del Complesso di Edipo coincide con l’inizio del periodo di latenza, che va dal termine dell’infanzia sino alla pubertà (dai 6 ai 10 anni) e costituisce una parentesi di “bonaccia” tra due tempeste emotive.

Con la puberta’ gli impulsi sessuali latenti si ripresentano con rinnovato vigore e l’adolescente riattiva le tracce lasciate dalle imagines parentali. Ciò che caratterizza l’adolescenza è la capacita’ di stabilire una relazione con un oggetto totale, il partner sessuale, diverso dal genitore amato nei primi mesi di vita ma capace di riattivare le tracce remote di quell’arcaico legame (vedi Vegetti Finzi S., Storia della psicoanalisi)